Macchinari attrezzatura per la lavorazione della lamiera

Macchinari attrezzatura per la lavorazione della lamiera

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Flavio Baietti direttore commerciale di Alpemac Srl

Sfidante, appagante e divertente sono i tre aggettivi scelti per descrivere il suo lavoro di direttore commerciale di Alpemac, un ruolo che svolge con passione, pragmatismo e un pizzico di lungimirante follia.
Questo è Flavio Baietti che abbiamo incontrato per questo secondo numero di STEEL LIFE per farci raccontare le sue origini, il suo legame tuttora in essere con l’azienda di famiglia, il suo storico rapporto di amicizia con Dieter e la sua visione del mercato e del processo di sviluppo di Alpemac che visualizza come un albero tutto sommato ancora giovane, ma ben radicato.

 

Partirei subito forte chiedendoti chi è Flavio Baietti? Come e quando nasci imprenditore? Hai sempre saputo cosa avresti fatto e chi saresti diventato? Insomma, dacci qualche cenno storico.
È un racconto lungo perché devo partire dall’azienda di famiglia in cui sono tuttora coinvolto, anche se a distanza, insieme a mio fratello Fabio, la Baimetal srl. La mia era una famiglia modesta, mio padre ha fatto un sacco di lavori e di sicuro non gli mancava spirito di iniziativa sia pratica che commerciale. Ho sempre respirato quell’aria che sa di “arte dell’arrangiarsi” e di lui ho sempre invidiato l’intuito e la dialettica.
Durante gli studi di ragioneria condividevo già le vicissitudini dell’attività di famiglia. Finita Ragioneria ho fatto un corso di “gestione aziendale”, un praticantato presso un’azienda di software di contabilità e dopo queste esperienze ho deciso di entrare ufficialmente nella nostra piccola azienda. Inizialmente assemblavamo i particolari che venivano prodotti in Veneto da uno stampista, poi è arrivata la prima pressa a collo di cigno da 100 ton. Mio padre mi ha coinvolto in tutto, dagli acquisti, ai rapporti con il megadirettore di banca che al tempo era una vera istituzione, ai calcoli di produzione.
Non ho mai saputo cosa sarei diventato da grande, forse non lo so tutt’ora, ma questo non mi ha impedito di dare sempre il massimo ed essere costante in ogni cosa che ho fatto. La scomparsa prematura di mio padre non mi ha fatto perdere d’animo, anzi, mi ha spronato a prendere in mano la situazione e a darmi da fare. Forse è qui che nasco imprenditore. Con il contributo di mio fratello Fabio abbiamo ampliato il portafoglio clienti della Baimetal, acquistato un capannone nella zona industriale a nord di Trento, assunto personale nuovo e posso dire con soddisfazione che d’allora, la crescita è sempre stata piccola ma costante negli anni. In tutto questo tempo abbiamo superato diversi periodi difficili, la crisi del ’93, quella del 2009, il covid, e quello che ci ha premiato è la costanza e la voglia di lavorare.

 
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Flavio Baietti padre sempre presente, apneista e compagno innamorato.
 
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Ti senti di più un artigiano imprenditore o un imprenditore artigiano?
Francamente direi che cambia poco, anzi nulla. Comunque la si voglia vedere è un ruolo impegnativo che porto avanti con dedizione anche oggi che sono il direttore commerciale di un’azienda in forte espansione come Alpemac. D’altro canto, il mio sogno era quello di essere un bravo commerciale, di avere un’agenda finta pelle piena di appuntamenti e di ordini. Ho sempre ammirato quelle figure sempre brillanti con la risposta pronta, un incrocio tra uno psicologo e un animatore da villaggio turistico.
Infatti, ad un certo punto mi sono messo in discussione e da piccolo imprenditore artigiano mi sono proposto alle dipendenze di una neonata catena che era frutto dell’unione di numerosi negozi di utensileria nel nord Italia; io facevo riferimento alla sede di Belluno. La mia zona? Tutto il Trentino-Alto Adige; ho girato molte officine, mi sono organizzato da autodidatta e dopo circa un anno trovandomi a Bolzano faccio un passaggio nell’azienda di famiglia di Dieter. Quel giorno ha segnato l’inizio di questa bellissima avventura insieme a lui. Mi vide in giacca e cravatta e dopo avermi chiesto se venissi da un matrimonio stette ad ascoltarmi anticipandomi che di lì a poco avrebbe aperto una filiale a Brescia e che gli sarebbe piaciuto coinvolgermi.

 

Avevo sempre sognato di entrare a far parte di una azienda importante; ho quindi colto al volo l’opportunità offertami da Dieter. Era il 2001, Dieter aveva già inquadrato RAS come azienda leader che gli avrebbe permesso di entrare nel mondo dell’industria e cedette a me la responsabilità di seguire quanto da lui creato nel mondo della lattoneria che, guarda caso, era il mio ambito di specializzazione.

 

Trentino di nascita ma bresciano di adozione, come mixi il pragmatismo alpino con la vivacità e l’estro delle zone che ti hanno ormai adottato?
In realtà io sono mezzo lombardo poiché mio padre è nato a Cremona. Sono quindi un bel mix perché in casa parlavo dialetto con mia madre ma l’italiano con mio papà. Detto questo essere pragmatici significa avere un atteggiamento improntato a una visione realistica e pratica e quindi la mia componente trentina mi ha sempre portato ad avere una certa fermezza e determinazione nel raggiungere gli obiettivi prefissati e questo mi sta aiutando molto anche oggi nel mio ruolo di direttore commerciale.
Viviamo però un mondo dove occorre dare anche leggerezza e quindi spesso e volentieri sono il primo a lavorare con il sorriso e a mixare il lavoro con momenti goliardici e di distrazione. Passiamo la maggior parte del nostro tempo in azienda e sarebbe sbagliato trascorrere le giornate in un ambiente ostile e poco sereno. Tutto si affronta ma occorre avere il giusto atteggiamento.

 

Abbiamo parlato del tuo lavoro e della carriera; chi è il Flavio Baietti uomo e padre? Quali sono i tuoi hobby?
Sono sempre stato uno sportivo e fuori da qua mi sforzo per continuare a esserlo anche oggi. Fin da ragazzo ho sempre amato la bicicletta e tutti quegli sport che impegnassero il fisico e la mente. Quando a 14 anni mio padre mi fece scegliere tra la bici e il motorino io non ebbi dubbi e scelsi la prima senza batter ciglio. Ricordo ancora che mio fratello disse a mio padre di farmi visitare perché secondo lui non stavo bene di testa.
Lo sport per me non è però solo tempo libero, ma anche agonismo e il confronto con gli altri e con le nuove sfide; da qui nascono altre discipline come le arti marziali e, da ultima, l’apnea che è quella che mi ha rapito il cuore. Nell’arco della mia vita ho avuto un peso corporeo piuttosto fluttuante e proprio l’apnea è stata la chiave di svolta che mi ha permesso di trovare l’equilibrio attuale. Mi ha dato una mano a inquadrare come obiettivo il dimagrimento e la determinazione per raggiungerlo.
È importante per me perché l’apnea ha tutto ciò che deve contenere lo sport ideale: raggiungimento dell’obiettivo, controllo del proprio corpo e della propria mente e il piacere di fare un qualcosa che ti rende speciale perché non tutti vanno sott’acqua fino a 25 m in apnea mentre quasi tutti giocano a calcio per esempio. In statica ho raggiunto i 5 minuti di tempo di apnea. Insomma, l’acqua è il mio secondo habitat naturale; mi sento molto a mio agio quando sono sott’acqua. È un ambiente che sento molto mio e che adoro vivere in armonia.

 

Detto che l’apnea non fa sicuramente per me vi è però un messaggio di speranza; insomma, volendo potrei ancora riuscire a dimagrire. Scherzi a parte, parlami del Flavio Baietti padre.
Venendo da una famiglia patriarcale, ho percepito spesso in mio padre il peso del tenersi ancorato alla tradizione e a un certo modo di vedere le cose e di farle girare in quel modo a prescindere a tutto. Ho quindi avuto l’esempio di un uomo che ha sacrificato sé stesso per la famiglia. L’ho toccato con mano, per questo motivo, pur avendo amato alla follia la madre dei miei figli, a un certo punto ho scelto di vivere la mia vita e di separarmi nell’interesse di tutti, soprattutto di Nicolas e Patrick per cui ho continuato a essere un padre sempre presente. Ho tenuto ben ferma la barra nella loro direzione dandogli comunque la precedenza su tutto con quella costanza e quel pragmatismo trentino di cui parlavamo all’inizio. Oggi Patrick lavora in Alpemac e fa parte della nostra squadra di tecnici montatori senza i quali non potremmo essere quella bella realtà industriale che siamo diventati mentre Nicolas sta facendo un percorso diverso e lontano dalla meccanica ma di entrambi sono molto orgoglioso.

 

Tu e Dieter siete per me la coppia iconica del nostro mondo; mi piace pensare a voi come gli Starsky e Hutch della lavorazione lamiera perché lavorate insieme da quando vi conosco. Cosa puoi dirci su questo binomio che tanto funziona e fa bene ad Alpemac?
Francamente, per una questione di capigliatura, non mi rivedo in loro però rende bene l’idea. In realtà Dieter ed io rappresentiamo lo Yin e Yang della filosofia orientale Zen, ovvero quel contrapporsi di caratteristiche diverse che però messe insieme si completano al meglio e creano un mix vincente e funzionale. Accettare e rispettare le diversità altrui ci ha permesso di creare una simbiosi ritengo indissolubile come testimoniano gli oltre vent’anni di lavoro insieme. Dentro c’è di tutto, affetto, amicizia, stima, ma anche diversità di opinioni e, a volte, qualche discussione ma sempre con totale rispetto e fiducia reciproca. Siamo un binomio che funziona e che crede molto nel concetto di squadra che cerchiamo di espandere a ogni livello in azienda.

 
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Quando sei anni fa hai accettato di far parte del progetto Alpemac, ti aspettavi che sarebbe cresciuto e si sarebbe sviluppato così in fretta?
Se visualizzo il concetto di crescita mi immagino una pianta che ha bisogno di radici sane e ben sviluppate. Se penso ad Alpemac e alla sua crescita vedo quindi un albero giovane, ma ben radicato. Veniamo da tanti anni di duro lavoro e impegno e se oggi Alpemac può vantare una bella chioma è dovuto a quello. Direi che stiamo raccogliendo i frutti di un cammino partito da lontano e quindi il progetto Alpemac si sta sviluppando nei termini previsti. Ha il giusto tempo di maturazione. C’è tanta continuità; è come se avessimo solo cambiato nome e sede. Poi ovviamente ci sono state delle evoluzioni importanti al punto che oggi Alpemac vanta una gamma di prodotto più ampia e completa rispetto a prima e questo costituisce forse l’unico elemento realmente nuovo.
Di sicuro, come ha detto Dieter nell’intervista pubblicata sul primo numero di STEEL LIFE, il fatto di esserci staccati da un’azienda prettamente familiare con delle dinamiche che stavano portando a una chiusura anziché a un’apertura verso il mercato sicuramente ci ha dato un bell’impulso. Quel passaggio ha permesso di mettere a frutto quella che è la nostra vera essenza e che ci rende praticamente unici sul mercato, ovvero essere un dealer atipico con un approccio al cliente più simile a quello di un costruttore piuttosto che di un commerciante di macchine utensili.

 

Come direttore commerciale sei soddisfatto?
Sono molto soddisfatto ma ho già la testa al prossimo futuro e alle nuove sfide che dovremo affrontare. Lo scenario internazionale ci regala tanta incertezza e lo stesso panorama italiano è piuttosto volubile. Bisogna quindi stare attenti a ciò che accade nel nostro Paese e leggere in anticipo i segnali che arrivano dal mercato per essere pronti ad affiancare la clientela per offrirgli un servizio adeguato alle aspettative di un mercato esigente come quello di casa nostra. E questo vale per sia per il pre che, soprattutto, per il post-vendita. Alpemac si sta quindi strutturando per essere sempre più pronta a dare un servizio adeguato al suo nome che, in Italia, è ormai affiancato a quello dei più blasonati costruttori e questo è motivo di orgoglio e soddisfazione.

 

Oltre a essere il direttore commerciale di Alpemac sei l’uomo che incarna al meglio il know how e la tradizione aziendale nel campo della lattoneria, ambito storico e fondamentale per Alpemac. Puoi parlarci di questo segmento?
L’organizzazione aziendale prevede che per ogni segmento merceologico che compone l’articolato puzzle tecnologico di Alpemac vi sia un esperto con un know-how e una competenza specialistica di riferimento. Serve specializzazione; i “tuttologi” per noi sono una figura che non porta valore aggiunto all’azienda. Per contro la capacità di coordinamento delle varie specializzazioni costituisce invece un’altra specializzazione non da poco che sto maturando sul campo con la quotidianità. Ogni specificità deve infatti essere armonizzata al meglio nel contesto aziendale, così come in un’orchestra non devono esserci stonature.
Venendo alla lattoneria, rappresento effettivamente lo specialista di questo segmento di macchine, nonché memoria storica poiché all’epoca Dieter mi ha investito di un ruolo e catapultato nel suo mondo. È stata un’investitura sul campo; mi ha presentato i vari agenti che con Dieter avevano un trascorso importante di vicende, aneddoti e conoscenza dicendo loro che da quel giorno sarei stato io il loro riferimento aziendale per quanto concerneva la lattoneria. Mercato che tra alti e bassi ha sempre e comunque rappresentato qualcosa di importante per il nostro fatturato e per cui siamo un riferimento importante sia a livello tecnologico che di servizio offerto. È un comparto dove l’artigiano si fa ancora riconoscere per la propria professionalità e per la qualità del suo lavoro e con cui è ancora bello trattare poiché puoi mettere sul piatto delle argomentazioni tecniche importanti per cui, generalmente, l’innovazione tecnologica prevale ancora sul prezzo.
Lo testimonia il fatto che il lattoniere, in molti casi, si è anche evoluto diventando facciatista, dando così il proprio contributo nella ricerca e nello sviluppo di nuovi materiali per edilizia dove la componente metallica sta diventando sempre più importante per molteplici aspetti, non ultimo il fatto di essere ecologica e riciclabile. Proprio in questo processo in Alpemac siamo stati artefici e divulgatori di conoscenza informando il mercato di tutti i vantaggi che una determinata macchina o tecnologia avrebbe potuto portare sul lavoro; penso per esempio alla doppia aggraffatura o alla piegatura a bandiera. Anche in questo comparto il nostro nome viene quindi associato a costruttori importanti e questo ci permette, anche grazie alle loro soluzioni tecnologiche, di far conoscere i vantaggi e la convenienza di certe metodologie ma non con gli occhi di chi deve necessariamente venderle. Il buon commerciale è prima di tutto un consulente che si immedesima nelle problematiche produttive del cliente, per comprenderle a fondo e andare così a proporre la giusta soluzione a quella specifica problematica. Questo è quello che facciamo in Alpemac e ciò che mi e ci contraddistingue. Io non spingo mai per un prodotto, ma cerco di capire innanzitutto se quella macchina o tecnologia è giusta per quella realtà; la vendita è poi solo una diretta conseguenza. Quella vendita, e tutte quelle che verranno in seguito perché se consigli il cliente nel modo giusto ti prende come suo riferimento e partner. Ma questo vale sia per l’industria che per la lattoneria ed è l’approccio su cui, con Dieter, abbiamo impostato l’azienda.

 
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Scegli tre aggettivi per definire il tuo lavoro e motivali.
Sfidante, perché sono costantemente animato dalla continua voglia di fare meglio e di evolvermi. Ho sempre voglia di imparare qualcosa anche dall’ultimo arrivato in azienda, con il mio consueto “cappottino di umiltà” ma anche forte delle mie certezze e convinzioni.
Come secondo aggettivo direi appagante. Essere il direttore commerciale di una realtà come Alpemac che oggi è considerata alla stregua dei principali costruttori di macchine utensili per la lavorazione della lamiera e saper di aver dato il mio contributo a questo sviluppo non può che rendermi soddisfatto e orgoglioso soprattutto quando mi fermo, riavvolgo il nastro e ripenso alle origini umile della mia famiglia per cui arrivare a fine mese era un obiettivo.
Il terzo aggettivo è certamente divertente perché come hai potuto scoprire e toccare con mano da quando lavori in Alpemac, non siamo l’azienda dell’organigramma piramidale, anzi, siamo una realtà orgogliosamente confusa sotto questo punto di vista in cui lo spirito di squadra prevale su tutti gli individualismi.

 

Infine, guarda dentro la sfera di cristallo e dicci cosa vedi nel tuo futuro e in quello di Alpemac?
In futuro vedo un’azienda sempre più strutturata e organizzata con degli automatismi di gestione aziendale ormai oliati e consolidati che gli permetteranno di cogliere e sfruttare tutte le opportunità offerte dal mercato forte di una gamma di prodotto sempre più ampia e articolata in cui l’automazione, a qualsiasi livello, ci vedrà protagonisti impegnati in modo diretto. Direi quindi che l’Alpemac di domani sarà una realtà sempre più organizzata, reattiva e fluida per adattarsi alle varie situazioni che il mercato ci porrà davanti.

 

Fabrizio Garnero